Era il dicembre del 2003 quando scoppiò il crack Parmalat. L’azienda annunciò attraverso un comunicato stampa il suo fallimento. Il titolo in borsa passò dai 2,58 euro ad azione del 10 novembre agli 0,11 euro del 22 dicembre.

La Parmalat, che tutti credevano un’azienda solida e ricca, si ritrovò senza soldi e con migliaia di perdite. Con un crack da 13 miliardi di euro.

Callisto Tanzi, fondatore della storica società, aveva per anni falsificato i bilanci, emettendo fatture di vendita inesistenti. Così facendo aveva creato un fatturato inesistente, che permetteva alla Parmalat di sembrare una società solida.

Con il direttore finanziario Fausto Tonna, era stato costruito un sistema basato su aziende con sede in paradisi fiscali. Le quali erano impossibili da poter controllare.

Queste aziende venivano utilizzate per le cd “bare fiscali” nelle quali venivano trasferite perdite e debiti in eccesso. Così da non figurare nel bilancio aziendale della Parmalat.

Il crack venne a galla quando Parmalat non riuscì ad onorare il pagamento di un bond da 150 milioni di euro. Il mancato pagamento apparve strano in quanto risultava un liquidità su un conto della banca Bank of America di quasi 3,95 miliardi.

Da lì a poco si scoprì che quel conto era fittizio. La Parmalat aveva falsificato un documento utilizzando un semplice scanner dai suoi uffici. Per creare un falso con carta intestata “Bank of America”.

Il 27 dicembre dello stesso anno Tanzi fu arrestato. Il procedimento penale per bancarotta fraudolenta si concluse nel 2010 con una condanna a 18 anni. Si è spento il primo di gennaio 2022.

E tu conoscevi la storia del crack di Parmalat?

Rossana Gullino

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