Dal primo gennaio 2021, 21 dei 27 Stati membri Ue hanno un salario minimo nazionale.

Esso consiste nella paga più bassa che, per legge, deve essere conferita ai lavoratori.

Serve a tutelare chi, pur lavorando, si trova in condizioni di indigenza o è a rischio di povertà.

Quello dei cosiddetti “lavoratori poveri” è infatti un fenomeno rilevante e diffuso in molti paesi del continente europeo.

Al primo posto in Ue per quota di lavoratori poveri c’è la Romania, seguita da Spagna e Lussemburgo.

Al quarto posto l’Italia con l’11,8% di lavoratori che vivono in povertà.

Il salario minimo è correlato con la produttività del lavoro e con il reddito medio a ora lavorata.

L’introduzione dello strumento senza aumenti nella produttività farebbe chiudere varie imprese.

Istituendo il salario minimo ad un livello elevato rispetto alla produttività, le piccole e medie imprese, pur di evitare la chiusura, potrebbero essere portate ad offrire lavoro in nero, peggiorando la situazione.

David Card, premio nobel per l’economia, è riuscito a dimostrare che l’introduzione di un salario minimo non riduce l’occupazione.

Risulta necessario quindi fare un’attenta analisi costi-benefici sull’introduzione del salario minimo, vista la conformazione imprenditoriale dell’Italia fatta da piccole-medie imprese.

E tu sei favorevole all’introduzione del salario minimo?

Domich Guadda

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