Nelle nostre vite sempre più connesse, l’utilizzo di internet è cresciuto e la pandemia da Covid-19 ha accelerato la digital trasformation, dallo smart-working alla DAD, dall’e-commerce agli eventi online.

Ma quanto inquina la nostra vita digitale?

Se prima di leggere questo articolo avete inviato una mail con allegato avete prodotto 50 grammi di Co2 nell’atmosfera.

Se invece avete acquistato dei Bitcoin, sappiate che l’energia consumata per ottenerne uno solo è pari a quella usata in 2 anni da una famiglia americana media.

Basti pensare che solo nel 2008 le tecnologie digitali utilizzate nella trasmissione, ricezione ed elaborazione di dati ed informazioni hanno contribuito per il 2% alle emissioni globali di CO2.

Nel 2020 sono arrivate fino al 3,7% e si stima che raggiungeranno l’8,5% nel 2025.

Solamente i Data Center consumano dalle 10 alle 50 volte più energia per metro quadrato rispetto ad un ufficio tradizionale, responsabili per circa l’1% della domanda mondiale destinata a crescere.

Passare al 100% delle energie rinnovabili entro il 2030 è l’obiettivo di molte Big Tech come Google e Microsoft.

L’impatto ambientale della produzione e lo smaltimento dei device elettronici, l’estrazione dei metalli e lo sfruttamento di manodopera minorile ed illegale è un dato da non sottovalutare:

Attualmente solo il 17,4% dei rifiuti elettronici è riciclato, per un valore complessivo di 57 miliardi di euro, di cui solo 10 recuperati tramite riciclo.

A livello globale i dispositivi connessi stanno crescendo su base annua del 10%. Se da una parte le novità tecnologiche possono diminuire l’impatto ICT, dall’altra la velocità di crescita nella domanda ne annulla i vantaggi in assenza di misure adeguate di decarbonizzazione digitali.

L’informatica sostenibile deve coinvolgere tutte le figure che progettano, gestiscono e fruiscono del mondo interconnesso.

Per ridurre l’impronta ecologica digitale occorre un cambiamento nella governance tra i grandi player che vogliono vendere sempre nuovi e più potenti dispositivi.

Anche a livello individuale possiamo adottare delle soluzioni migliorative come cambiare meno frequentemente dispositivo, evitare un uso compulsivo di invio di video e messaggi o disabilitare tutte le app inutili.

Giulia Baccini

1 Comment
  1. […] del lavoro da remoto (smartworking) ha sicuramente favorito la diffusione del nomadi digitali. Grazie anche […]

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